Wednesday, May 24, 2006

Mobbing? No grazie, bossing!

In Italia il mobbing è un fenomeno molto diffuso ma sommerso. Si calcola che siano circa un milione i lavoratori coinvolti da questo problema e cinque se si considerano anche i familiari, che spesso sono una valvola di sfogo per chi lo subisce. Le ragioni del sommerso sono da ricercarsi nel fatto che nel nostro paese, a differenza di altri paesi europei, non esiste una legislazione specifica e che l'onere della prova è a carico della vittima. Non ultime poi le lungaggini della giustizia.
A causa dei risvolti non solo medici e sociali, ma anche economici, si calcola che un lavoratore mobbizzato costi 2-3 volte di più rispetto ad un lavoratore normale, in numerosi contratti di lavoro, sono previste delle commissioni per prevenirlo e contrastarlo che spesso, però, restano solo sulla carta.
Esistono diversi tipi di mobbing. I casi più frequenti sono quelli messi in atto dai diretti superiori o dai colleghi di lavoro. Nel primo caso si parla di mobbing verticale e nel secondo di mobbing orizzontale. Se praticato dal datore di lavoro o dai suoi preposti si utilizza anche il termine di "bossing", quasi a sottolinearne le similitudini col fenomeno mafia, ed è forse il termine che più si addice alla nostra realtà. Di solito viene attuato dal datore di lavoro a fini economici in sostituzione del licenziamento o dell'allontanamento di un dipendente scomodo o dai colleghi di lavoro per avanzamenti di carriera o, più semplicemente, per invidia.
Il mobbing viene attuato attraverso una serie ripetuta di atti e comportamenti tendenti a isolare, emarginare, umiliare, infastidire e danneggiare il dipendente, a svilirne la personalità e la professionalità, tali da indurre nella vittima situazioni di disagio, difficoltà e disistima verso se stesso che lo portano dopo un periodo più o meno di qualche anno a licenziarsi.
Trovare la scrivania vuota dopo un periodo di malattia, tra l'altro richiesta come conseguenza del mobbing, essere adibiti a compiti più difficili che vanno al di là delle proprie competenze o, al contrario, a mansioni non adatte al ruolo, essere ripresi o derisi in presenza di colleghi o di clienti, essere trasferiti presso una sede periferica dell'azienda, sono soltanto alcuni esempi di come di può praticare il mobbing.
ll problema spesso non viene denunciato perché è difficile da dimostrare. Non è consigliabile pertanto seguire le vie giudiziarie a meno che non si abbiano elementi inoppugnabili. Inoltre le conseguenze psicologiche di un estenuante e lungo processo sarebbero più devastanti del mobbing stesso. La condanna dovrebbe essere soprattutto morale oltre che penale. Qualcosa di simile a quanto avviene per chi si macchia di reati di mafia. Il mobber (boss, ndr), così si chiama chi attua il mobbing, come per nemesi, dovrebbe essere isolato e additato dalla società.

La sindrome da mobbing
Il comportamento dell’uomo difficilmente cambia col tempo. Senza necessariamente scomodare Cicerone, basta leggere una favola di Esopo o più semplicemente, come sovente accade di recente, la prima pagina dei quotidiani per rendersi conto di quanto ciò sia vero.
L’uomo è per natura cattivo, homo homini lupus, a differenza degli altri esseri viventi, che lo sono per necessità. Quando poi imita gli animali, davvero non teme confronti. Molte specie animali esercitano nei confronti dei loro simili, o anche di altre specie, prevalentemente per questioni di sopravvivenza, vere e proprie aggressioni collettive che alla fine si concludono con la morte dello sfortunato o nei casi più favorevoli con il suo allontanamento dal gruppo.
In etologia, la scienza che studia il comportamento degli animali, fondata da Konrad Lorenz, questa strategia viene indicata col termine inglese di "mobbing", che significa per l’appunto aggressione di gruppo nei confronti di un individuo. Il Termine mobbing viene utilizzato in medicina, secondo la definizione di Heinz Leymann, che per primo ne ha parlato, per descrivere le conseguenze psicologiche che derivano da comportamenti persecutori, vessatori e umilianti messi in atto di solito nei confronti di una persona non solo nei luoghi di lavoro, ma anche nelle scuole (bullying) e nelle caserme (nonnismo).
Non esiste una strategia standardizzata, spesso il mobbing viene attuato subdolamente mediante provvedimenti in sé formalmente legittimi, oppure mediante la privazione di poteri normalmente conferiti alla posizione professionale, con un trasferimento punitivo, la dequalificazione professionale, il demansionamento, atteggiamenti umilianti che rendano penosa la prestazione. Ne sono elementi essenziali, quindi, l'aggressione o persecuzione di carattere psicologico, la frequenza e sistematicità e la durata nel tempo, l'andamento progressivo, le conseguenze patologiche gravi per la vittima.
Le conseguenze del mobbing dal punto di vista medico sono diverse ma riconducibili essenzialmente a problematiche di carattere neuropsicologico con manifestazioni somatiche. Ansia, attacchi di panico, insonnia, incubi, cardiopalmo, tachicardia, cefalea tensiva quotidiana, gastrite, ipertensione arteriosa e tremori sono i sintomi iniziali più frequenti. Oltre ai sintomi descritti si instaura gradualmente anche una ridotta autostima che sfocia progressivamente nell'isolamento sociale e ciò comporta all'inizio un calo del tono dell’umore che, persistendo la causa scatenante, da origine ad una sindrome depressiva sempre più progressiva che, se non trattata adeguatamente, può arrivare fino al suicidio.
La cura, a parte il supporto psicologico e farmacologico, consiste evidentemente nell’eliminare la causa. Più facile a dirsi che a farsi. Esistono diversi centri di ascolto organizzati da associazioni di volontariato e da alcuni sindacati dei lavoratori, facilmente reperibili e consultabili su internet, a cui rivolgersi per avere consigli utili per evitare errori di comportamento e nello stesso tempo per alleviare la condizione di isolamento.



0 Comments:

Post a Comment

<< Home